Firenze – Nella Toscana dei campanili aumentano i Comuni che chiedono di unirsi. Storici contrasti e dileggi si superano volentieri quando si capisce che in ballo c’è il mantenimento dei servizi alla comunità.
Sono sei i Comuni toscani dove nei referendum consultivi hanno prevalso i “si” a favore dell’unione. Sono Figline e Incisa Valdarno in provincia di Firenze (100 chilometri quadrati e 24 mila abitanti) Fabbriche di Vallico e Vergemoli (75 kmq e 961 abitanti), in provincia di Lucca, e Castelfranco di Sopra e Pian di Scò in provincia di Arezzo (56 kmq per circa diecimila abitanti).
Ieri a Firenze si è svolta la prima riunione operativa dei sindaci di questi Comuni organizzata da Vincenzo Bugli, assessore regionale ai rapporti con gli enti locali. L’assessore ha definito il processo un “virus contagioso” che sta facendo breccia in molti Comuni toscani: in Regione continuano ad arrivare le richieste anche se non mancano le resistenze.
All’Isola d’Elba, ad esempio, dove la proposta di fondere 8 comuni in uno solo non è passata e così in Casentino: lo scorso anno, l’idea di unire gli attuali 13 comuni in uno solo, con poco meno di 50mila abitanti, fu bocciata dai cittadini.
Hanno fatto richiesta di unione i Comuni di Campiglia Marittima e Suvereto (16.510 abitanti), in provincia di Livorno, e Casciana Terme e Lari (12.517 abitanti), in provincia di Pisa. Hanno avanzato richiesta nel pisano anche i Comuni di Crespina e Lorenzana mentre è già in Consiglio quella che riguarda Scarperia e San Piero nel Mugello fiorentino.
Prosegue l’inter per comuni di Castel San Niccolò e Montemignaio: il 16 giugno i cittadini saranno chiamati a decidere della fusione.
In Toscana si passa così da 287 a 284 Comuni con la possibilità di scendere entro la fine dell’anno a 279. Oltre alle unioni ci sono poi quei Comuni, ben 56, che si sono stretti in Unioni (25 ad oggi) per gestire insieme servizi e funzioni fondamentali.
Unirsi ai Comuni, in Toscana, conviene due volte: nel lungo periodo per sfruttare le economie di scala riducendo costi e garantendo servizi e nell’immediato per gli incentivi che arrivano dalla Regione.
I Comuni che si uniranno potranno contare su 250 mila euro l’anno per cinque anni di maggiori contributi regionali, fino ad un massimo di un milione di euro per fusione.
Una bella boccata di ossigeno di questi tempi per la casse degli enti locali!
A questi vanno aggiunti poi i finanziamenti dello Stato, che variano a seconda della popolazione e sono il 20% per dieci anni, dei trasferimenti erariali che gli stessi Comuni potevano vantare nel 2010.
I Comuni che si fondono sono anche esentati per 3 anni dal rispetto del tetto del patto di stabilità e in questo modo possono far ripartire gli investimenti.
Incentivi regionali vengono concessi anche alle Unioni di Comuni. Alle 24 attive l’anno scorso sono stati distribuiti 6 milioni e 165 mila euro.
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