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Moby Prince: a 20 anni dalla tragedia Livorno chiede ancora giustizia

Livorno – “Qui è l’Agip Abruzzo una nave c’è venuta addosso e la nafta è a mare e ha preso fuoco se fate presto ci salvate (…) La nave che c’è venuta addosso è incendiata anche lei però non so dove si trova state attenti a non scambiarla per noi”- Rimorchiatori: “Ci dirigiamo verso l’altra nave che è completamente in fiamme e ci sono uomini in mare (…) Abbiamo raccolto un naufrago dice che ci sono ancora persone sulla nave” Capitaneria: “Sai mica dirmi il nome della nave” – Rimorchiatore: “E’ una struttura che sembra un traghetto (..) è la Moby Prince”

I file audio pubblicati da La Repubblica pochi giorni fa, in vista delle celebrazioni per il 20° anniversario della tragedia del Moby Prince, e presenti in forma completa sul sito www.mobyprince.com, danno voce agli atti processuali che hanno visto gli inquirenti livornesi tentare inutilmente di attribuire delle responsabilità per la più grande strage della marina civile italiana: la notte del 10 aprile 1991, alle 22.25 la Moby Prince si scontro con la petroliera Agip Abruzzo, provocando la morte di 140 persone, tutti passeggeri e membri del personale del Moby!

Sui motivi della collisione sono stati scritti e detti fiumi di parole senza arrivare mai all’individuazione dei veri responsabili e soprattutto ad una condanna: anche l’inchiesta-bis aperta nel 2006 dal pm Antonio Giaconi su richiesta dell’avvocato Carlo Palermo, legale dei familiari del comandante del Moby, Ugo Chessa, è stata archiviata pochi mesi fa. Nella nuova inchiesta si faceva riferimento ad un presunto traffico illegale di armi alla base dell’incidente ma secondo giudice e pm non ci sarebbero elementi a sostegno della tesi. Per la Procura di Livorno nella tragedia del Moby vi furono gravi omissioni, sia nei sistemi di sicurezza, sia nella gestione dei soccorsi, ma si tratta di reati tutti quanti ormai caduti in prescrizione.

Ed è proprio quello che sembra emergere anche dai file audio pubblicati da Repubblica e che già era stato riportati anni fa nel libro “Moby Prince: un caso ancora aperto” di Enrico Fedrighini: il ritardo nei soccorsi portati al Moby, di cui si salvò solo il mozzo Alessio Bertrand, soccorso da un rimorchiatore. Negli atti processuali il ritardo venne imputato alla nebbia che avrebbe reso difficile trovare il Moby ma secondo alcuni testimoni civili e appartenenti alla marineria, la nebbia quella notte non c’era.

Leggendo gli atti del processo, conclusosi nel ’97 con l’assoluzione dei 4 imputati, e ascoltando le registrazioni delle conversazioni radio, pubblicate sul sito www.mobyprince.com emerge invece il caos del dopo impatto, con l’Agip Abruzzo che chiede aiuto e si sente rispondere dalla Capitaneria di Viareggio invece che da Livorno, con i soccorritori che in un primo momento si dirigono tutti verso l’Agip Abruzzo senza cercare l’altra nave, nonostante il Moby abbia lanciato un debole segnale di mayday subito dopo l’impatto: il Moby verrà raggiunto alle 23.45 e intorno alle 00 cominceranno le operazioni di spegnimento della nave in fiamme durate fino all’alba.

Errori, dubbi, scenari alternativi, che non hanno dato giustizia ai familiari di quei 140 morti che ogni anno, da allora, come oggi si ritrovano a Livorno per ricordarli: il corteo che da venti anni percorre le vie della città, dal comune al porto per lanciare fiori in mare, è composto da uomini e donne che sono ancora alla ricerca della verità, caparbiamente. e che, come si legge sulla loro pagina Facebook, non hanno intenzione di dimenticare.

(Foto tratte dal sito www.mobyprince.com)

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Posted by on 10 Aprile 2011. Filed under Cronaca. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. You can leave a response or trackback to this entry

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