Art. 1 L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro (Costituzione Italiana)
Firenze – Una disoccupazione quasi raddoppiata negli ultimi cinque anni in tutta Italia (dati Istat) con oltre 2 milioni di disoccupati; +180% di ore di cassa integrazione in Toscana nel solo primo bimestre 2013; quasi 12.000 imprese artigiane chiuse nel 2012 nella nostra regione, con un saldo tra nascite e chiusure di -2843 (dati Cna Toscana); l’esaurimento delle risorse per la cassa integrazione da parte della Regione Toscana: basterebbero questi pochi dati a far comprendere la gravità dell’attuale situazione socio-economica dell’Italia e della Toscana nel 2013.
In un momento di così grave crisi, arriva, come ogni anno, il 1 Maggio, Festa del Lavoro, celebrazione nata per ribadire i diritti dei lavoratori in tutto il mondo: tante, come sempre, la manifestazioni organizzate oggi dai sindacati in tutto il paese, sotto lo slogan “Priorità Lavoro“.
Ma in un momento storico come quello che stiamo vivendo, con una disoccupazione alle stelle e un mondo di piccoli e medi imprenditori prostrato, ha ancora senso celebrare la “Festa del Lavoro”? Ne abbiamo parlato con Alessio Gramolati, Segretario Generale della Cgil Toscana, nell’intervista che segue e per la quale lo ringraziamo.
O3 – Segretario Gramolati, alla luce dell’attuale situazione socio-economica in Italia, ha ancora senso oggi festeggiare il 1 maggio?
AG – Il 1 maggio è tutt’altro che una festa “morta” non solo per l’evidente valore simbolico di questa ricorrenza, ma soprattutto perchè la crisi rimanda alla necessità di mettere il Lavoro e i Lavoratori al centro di qualsiasi iniziativa di politica economica sociale nei prossimi anni, le feste fondate su valori forti ed attuali non moriranno mai.
O3 – Oggi in diverse città, come Perugia, Treviso e Bologna, sindacati e imprenditori sfilano insieme per la prima volta, a dimostrazione che sta cambiando qualcosa nel modo di concepire il mondo del lavoro in Italia: perchè in Toscana questo non è accaduto?
AG – Non se ne è presentata l’occasione, ma ricordiamo che alcuni anni fa, per denunciare la crisi del tessile e chiedere misure straordinarie di sostegno al settore, a Prato sfilarono insieme portando in corteo un tricolore di alcune centinaia di metri imprenditori e lavoratori. Va aggiunto che storicamente alle manifestazioni partecipano artigiani, commercianti, studenti e disoccupati. Il Primo Maggio è da sempre festa di popolo.
O3 – Il sindacato viene talvolta accusato di aver contribuito a creare l’attuale situazione socio-economica, arroccandosi nella difesa dei diritti acquisiti da una parte di lavoratori contro una maggioranza di senza diritti e non tenendo conto dei cambiamenti in corso nella società: come risponde?
AG – E’ un’accusa non nuova e intrisa di pregiudizio ideologico; certo il sindacato può commettere errori, ma l’idea che rappresentando i garantiti abbia penalizzato gli outsider è indimostrata e indimostrabile non solo perchè non è affatto automatico che togliere diritti a qualcuno li trasferisce ad altri, ma perchè se c’è un soggetto che nella negoziazione generale con i governi o nella contrattazione con le imprese si è battuto contro la precarietà, questo è proprio la CGIL. Peraltro sommessamente giova ricordare che i paesi a maggior diritto del lavoro sono i più solidi economicamente (vedi Germania). Possono rimproverarci di essere stati deboli, non possono accusarci di essere stati complici.
O3 – Segretario quali sono le prospettive per il mondo del lavoro in Toscana nel 2013?
AG – Purtroppo il 2013 segnerà un peggioramento del dato occupazionale: cresce in questi primi mesi la cassa e molti lavoratori stanno esaurendo gli ammortizzatori; nonostante performance straordinarie dell’export insomma, se non riparte il mercato interno non ci sarà ripresa.
O3 – Dato per scontato che non esiste una ricetta unica per uscire dall’attuale crisi, secondo lei da dove si dovrebbe cominciare?
AG – Da una redistribuzione del reddito, alleggerendo il peso del fisco sulle buste paga in modo da alimentare consumi in calo drammatico e tagliando le tasse sulle imprese che investono e assumono. Naturalmente servono risorse che vanno prese da qualche parte. Per noi appunto operando una redistribuzione appunto e cioè colpendo i grandi patrimoni e gli evasori e tutti quelli che ancora si annidano nelle tante forme di rendita del paese.
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